La storia

 

Il cedro è una pianta antichissima conosciuta già 4000 anni fa in Mesopotamia e in Egitto.

Gli ebrei ne diffusero la coltivazione prima in Palestina e poi in tutte le altre regioni dove furono costretti ad emigrare per sfuggire alle deportazioni.

Il cedro era strettamente legato alle tradizioni religiose ebraiche. Dio aveva detto a Mosè: Prendete i frutti dell’albero più bello, dei rami di palma e dell’albero più frondoso, dei salici del torrente e vi rallegrerete dinnanzi al Signore Dio vostro”.

Per gli Ebrei i frutti dell’albero più bello sono i cedri. Senza di questi la festa delle capanne non si poteva fare e perciò se ne portarono dietro i segreti della coltivazione, ovunque andassero.

Così il cedro si è diffuso prima in Grecia, intorno al V secolo a.C. insieme ai profughi provenienti dalle regioni assire e da lì è passato in Turchia, in Albania.

Fu il primo agrume a giungere in Italia intorno al III secolo a.C. tramite gli ebrei ellenizzati che sicuramente avevano seguito gli Achei, fondatori delle colonie agricole, della cosiddetta “Magna Grecia”, di Metaponto, Sibari e Crotone sullo Ionio e di Laos e Posidonia sul Tirreno.

Di secolo in secolo si è tramandato questo legame tra il cedro e la religione ebraica e, ancora oggi, ogni estate i Rabbini, sacerdoti di comunità ebraiche, vengono in Calabria per scegliere e raccogliere con le loro mani i frutti più belli, indispensabili alla festa. Nei mesi di luglio ed agosto, infatti, i Rabbini si aggirano nelle cedriere alla ricerca delle piante che non hanno subito innesti (perché la pianta deve essere pura) ed esaminano con cura i frutti: buccia, colore e forma.

Solo i più belli, quindi, vengono avvolti nella stoppa e riposti in cassette di legno e spediti in Israele e in tutto il mondo dove ci sono ebrei.

La festa delle capanne, insieme alla pasqua e pentecoste, fa parte dei tre pellegrinaggi a Gerusalemme prescritti nella Torah. Si celebra il 15 del mese di Tishr, primo mese dell’anno (settembre- ottobre). In questo mese si celebrano: le capanne, il capodanno, il perdono.

La festa delle capanne è detta festa del raccolto o festa della nostra gioia, poiché la celebrazione avviene alla fine del raccolto e nella gioia. Risale al periodo della vendemmia, quando i contadini mettono al riparo dalle piogge i loro raccolti, sotto le tende. Nella fede biblica è memoria al tempo del deserto. E’ la festa in onore del Dio d’Israele. La Torah comanda: "Celebrerete questa ricorrenza come festa in onore del Signore per sette giorni l’anno; legge per tutti i tempi, per tutte le vostre generazioni: la festeggerete nel settimo mese. Nelle capanne risiederete per sette giorni; ogni cittadino in Israele risieda nelle capanne, affinché sappiano le vostre generazioni che in capanne ho fatto stare i figli di Israele quando li ho tratti dalla terra d’Egitto".

Il nome capanne, Sukkoth, ricorda, appunto, le capanne abitate dagli ebrei durante i 40 anni vissuti nel deserto, dopo l’uscita dall’Egitto. In questo tempo Israele imparò ad affidarsi a Dio, a credere nella sua fedeltà anche nelle prove. Il tempo trascorso nel deserto è stato tempo di prova: mancava l’acqua, il cibo, ma anche il tempo dell’esperienza della premura di Dio che ha protetto, nutrito e educato il popolo a vivere nella libertà ricevuta in dono.

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