27 Settembre 2016

Articolo di Giuseppe Mangone

 

La coerenza della coldiretti

L’Annessione di SLOW FOOD e del suo fondatore Carlo Petrini alla coldiretti rappresenta un ulteriore tassello della strategia della stessa coldiretti tesa a portare sotto il proprio controllo tutta “l’Italia del cibo”. Ora resta da spiegare il fenomeno tutto italiano che vede da una parte crescere la forza, la capacità di influenzare e condizionare le scelte di politica agraria a tutti i livelli dell’ex Bonomiana e, dall’altra, l’agricoltura che resta in preda ad una crisi profonda con gli agricoltori in ginocchio. E gli agricoltori, ahimè! Sono in ginocchio anche quando i numeri sono positivi. Ad esempio, a fronte della crescita dell’EXPORT agroalimentare italiano, il reddito delle aziende agricole, quando va bene, resta fermo com’è dimostrato dall’andamento dei prezzi all’origine. Ciò avviene perché gli agricoltori non hanno una rappresentanza adeguata a colmare i forti divari di potere esistenti all’interno della filiera agroalimentare. Gli agricoltori, pagano lo scotto del fallimento del progetto di “Unità del mondo agricolo”, per la quale, tra gli altri, il compianto Giuseppe Avolio si batté per tutta la sua vita e che, invece, soprattutto, la coldiretti ha avversato con l’ambizione di diventare l’unica organizzazione rappresentante dell’agricoltura. Se non si affronta questo tema gli agricoltori resteranno sempre il punto debole della filiera. Coldiretti, propaganda con ogni mezzo l’immagine di un’agricoltura che va bene e a dimostrazione di ciò sbandiera i seguenti dati riferiti alla rete di “campagna amica”: 9.030 fattorie, 135 mercati e 171 botteghe, 485 ristoranti, 211 orti urbani e 34 punti di street food dove arrivano prodotti di circa 200 mila ettari di terreno. Per valutare l’incidenza di questi dati sul complesso dell’agricoltura italiana basta evidenziare che, ad esempio, i 200 mila ettari che producono per campagna amica, sul totale degli 11 milioni di ettari di SAU italiana, rappresentano appena l’1,82%; Le 9.000 fattorie, sul totale delle 1.600.000 aziende, rappresentano lo 0,5%. Ma, malgrado la potente campagna di autoreferenzialità portata avanti a livello nazionale, sui territori, invece, le cose per coldiretti non vanno a gonfie vele.

In Calabria, ad esempio, è in corso un esodo considerevole di soci e dirigenti storici della coldiretti, impegnati nel mondo della bonifica. Infatti, sono già tre i presidenti di Consorzi di bonifica che hanno lasciato la coldiretti. Quella bonifica di cui coldiretti vanta la rappresentanza esclusiva. Che dire della massima espressione della coldiretti Calabria, presidente Pietro Santo Molinaro, condannato dalla Suprema Corte in Cassazione il 19 settembre 2013 per aver contrassegnato come DOP il salame prodotto con carne suina proveniente dall’Olanda? Dove sta la coerenza tra il dire della coldiretti in difesa delle produzioni nazionali, contro le importazioni clandestine o l’uso improprio dei marchi di qualità e di origine e il fare, invece dei suoi dirigenti? Rispondere a queste domande, sul piano politico, è un problema della Coldiretti e, soprattutto degli agricoltori ad essa associati, sul piano legale spetta alle autorità preposte. Stessa cosa dicasi per il procedimento in corso della Regione Calabria per il recupero di 1 milione e 100 mila euro erogati in favore della cooperativa Cozac di cui Molinaro è presidente perché, secondo la regione, illegittimamente percepiti. Alla luce di questi avvenimenti, in Calabria la coldiretti deve scendere dal piedistallo e avere la bontà di parlare solo a nome di quel 14% di produttori che ancora rappresenta (dati ARCEA: produttori attivi n. 92.913 – coldiretti n. 13.088) e non a nome di tutta l’agricoltura calabrese. La Regione e le altre Organizzazioni Agricole decidano quale rapporto vogliono avere con una coldiretti così conciata. Nei confronti dell’ANPA – LiberiAgricoltori della Calabria, la coldiretti ha scelto la via legale per ostacolarne il riconoscimento ma per sua sfortuna ha perso su tutti i fronti e, oggi, gli piaccia o no, l’ANPA ha avuto il riconoscimento di Organizzazione professionale Agricola maggiormente rappresentativa. Da questa postazione, l’ANPA è disponibile a sedersi attorno allo stesso tavolo, per affrontare i problemi veri dell’agricoltura calabrese, a condizione che la coldiretti sappia assumere le giuste misure di moralizzazione dell’organizzazione.

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